Stavolta non è in gioco solo una poltrona: è in gioco la credibilità della comunità di Fassa.
Si va definendo anche in Val di Fassa il quadro della competizione elettorale per il rinnovo delle amministrazioni locali. È sicuramente confortante osservare il buon livello di partecipazione comunitaria, che in questa tornata si caratterizza per la presenza di un consistente numero di candidati in giovane età, nonché per la presenza di più liste in lizza pressoché in ogni comune (con la sola eccezione di Canazei) che si contendono la responsabilità di gestire la cosa pubblica all’insegna del fair play e della concretezza.
La sfida più interessante resta tuttavia quella per l’elezione del Procurador e del Comun General de Fascia, da entrambe le parti oggi definito uno strumento di grandi potenzialità. Ma al di là delle enunciazioni di principio e delle buone intenzioni, non sfugge a nessuno la profonda differenza che caratterizza le due proposte. Da un lato il giovane Matteo Iori si presenta nel segno della continuità rispetto all’esperienza dell’ultima tornata di governo targata “Associazione Fassa”, formazione storicamente affiliata alla Lega di Salvini e ai partiti italiani del Centro-destra, sostenuto per l’occasione anche da una seconda lista che esibisce il simbolo degli “Autonomisti popolari” di Kaswalder, altro partito extra-locale; dall’altra Beppe Detomas, forte di una lunga esperienza di militante in seno al movimento ladino e nelle istituzioni regionali e nazionali, si presenta con il sostegno di una lista civica “trasversale” (Adum per Fascia) e di un gruppo di giovani che sotto il simbolo della “Neva UAL” hanno assunto l’impegno di rinnovare i valori dello storico movimento autonomista dei Ladini di Fassa.
Certo, la giovane età da sola non è garanzia di buona amministrazione: lo sanno bene i moenesi delusi dall’esperienza degli ultimi cinque anni, ma esempi analoghi si possono trovare a tutti i livelli. Meglio un giusto mix di esperienza, competenze e lavoro di squadra, cui l’entusiasmo giovanile può senz’altro apportare un surplus di idee, sensibilità e visioni innovative.
In questo senso il giovane candidato di “Associazione Fassa” è sicuramente persona volonterosa, pronto a fare il bene della sua comunità sfruttando al meglio i “contatti giusti” che vanta in quel di Trento ed oltre. Tuttavia è fuor di dubbio che l’eredità lasciata dalla gestione uscente del Comun General pesa sulle sue spalle come un macigno. Definire “disastrosa” quell’esperienza per qualcuno può sembrare eccessivo (per altri è un eufemismo) ma in ogni caso con quel recente passato bisogna pur fare i conti, e ciò vale in particolare per chi si candida a rappresentare la comunità ladina di Fassa.
E siccome fare “la lista dei disastri”, come chiede Iori, sarebbe troppo lungo, mi limiterò qui a ricordare alcuni fatti di cui sono stato (mio malgrado) testimone diretto. Mi riferisco a come sono stati gestiti gli organismi preposti per legge alla “tutela della minoranza ladina”, competenza primaria già in capo al Comun General. Il “Consei general per l’educazion e la formazion”, massimo organo di raccordo fra il mondo della scuola e il territorio, è stato messo in crisi da una gestione dissennata e ridotto a luogo di scontro e conflittualità (lo attestano i verbali di certe sedute, la diserzione di taluni membri tecnici esterni, nonché le lettere di presa di distanza di esponenti della scuola e della consulta giovanile). La Commissione Toponomastica, negletta e dimenticata, non è più stata convocata negli ultimi anni: eppure il lavoro non mancherebbe, a cominciare dalla correzione e dal completamento della segnaletica stradale. E che dire della Consulta ladina? in passato questo importante “tavolo di concertazione” tra i diversi soggetti impegnati nella “politica linguistica” ha dato buona prova di sé in piena armonia, eppure nell’ultimo quinquennio è emersa chiaramente la volontà politica di delegittimare ed emarginare le sue componenti istituzionali (Scuola, Istitut Ladin, Union di Ladins) per assicurarsi il pieno controllo dell’organismo: ed ecco il “colpo di mano” imposto con la modifica unilaterale del Regolamento, nonostante le garbate manifestazioni di dissenso da parte i vari membri; ecco di conseguenza il tentativo di liberarsi di una presenza scomoda, quella del sottoscritto – assente per protesta per due sedute – di cui ci si è affrettati a chiedere la sostituzione.
Non posso ritornare per ovvie ragioni sulle vicende che hanno segnato pesantemente la vita dell’Istituto Culturale Ladino durante quest’ultimo anno, ma è certo che la politica locale ha gravi responsabilità in ordine alla spaccatura verificatasi in seno all’Ente con le dimissioni di due membri del CdA. Forse di questi fatti inerenti la politica linguistica Matteo Iori non è perfettamente al corrente, in quanto non rientrano nel suo campo di attività; eppure la “lista dei disastri” sarebbe ancora più lunga se si dovessero prendere in considerazione altri settori di competenza del Comun General. Ci ha provato ad elencarli Manuel Farina, tentando di tracciare un bilancio di fine consigliatura (dal punto di vista della minoranza consigliare, ovviamente, com’era nel suo diritto), ma non gli è stato nemmeno consentito di esporli compiutamente in aula. Il documento tuttavia è agli atti, disponibile anche online sul sito della “Neva UAL”, per chi volesse prenderne visione.
E qui sta infine la vera matrice del “disastro”: la politica come mero esercizio del potere. Da qui lo svilimento del massimo organo rappresentativo della comunità, quello che dovrebbe essere il “parlamento” di Fassa, trasformato in un’adunanza che definire improduttiva e “rissosa” (come ha fatto Floriano Bernard) è persino riduttivo. Alcune sedute del Consei General sono state davvero uno spettacolo avvilente, costellato di insulti, attacchi personali e atteggiamenti aggressivi nei confronti della minoranza, tanto che qualcuno ha pensato bene di disertare definitivamente le riunioni. Se oggi la gente di Fassa non riconosce ancora pienamente il ruolo del Comun General e le sue potenzialità, ciò è dovuto in gran parte alla responsabilità di chi l’ha gestito in questo modo nell’ultimo quinquennio. Matteo Iori non è poi così giovane da non ricordare i gazebi allestiti in piazza non molti anni fa dalla Lega e da “Associazione Fassa” per raccogliere le firme necessarie ad abrogare con referendum il Comun General de Fascia, definito “un inutile baraccone mangiasoldi”.
Ma ormai si è capito che l’esercizio del potere può essere conveniente: lo sa bene chi ora siede sulle poltrone, tanto vituperate quando erano occupate da altri. Su queste basi, tuttavia, è vano proporsi di rilanciare il prestigio del Comun General, dopo averlo denigrato per anni. Ma prima di rivendicare il trasferimento di nuove competenze da chicchessia, bisognerebbe dimostrare di essere in grado di gestire quelle già in essere e di saper utilizzare al meglio gli strumenti normativi a disposizione per il bene comune, la coesione sociale e l’unità della valle, non per scopi e interessi di parte. In altre parole, la comunità di Fassa deve dimostrare giorno per giorno di meritare l’autonomia e le prerogative conquistate con l’impegno e i sacrifici di molte generazioni di militanti, altrimenti i “diritti” riconosciuti per legge rischiano davvero di apparire come “privilegi”.
Fabio Chiocchetti