IL CAPODANNO NELLA CULTURA DELLA GENTE DI MONTAGNA.

Dic 31

Festeggiare l’inizio di un nuovo anno, magari circondati dalle persone a noi care, non è solo una bella abitudine, ma è un rito doveroso, che porta a ripensare e ad essere grati per i bei momenti che l’anno appena concluso ha regalato, così come anche a riflettere sugli insuccessi e gli eventi che lo hanno caratterizzato negativamente e che per questo ci fa apprezzare che esso volga al termine e venga riposto nei cassetti della memoria. Al concludersi di questo difficile anno 2020 in particolare, caratterizzato da molti dolori, solitudini e lunghi isolamenti, incertezze economiche e timore per il futuro sarà bene salutarne il termine, ma sarebbe auspicabile che questo passaggio avvenisse in un modo diverso da come gli anni scorsi ci siamo, o forse ci hanno, abituati a vedere. Magari con un po’ più di rispetto e sobrietà.

Da sempre io non apprezzo i così detti Botti di Capodanno, ma quest’anno ritengo in modo particolare che siano quanto mai inopportuni e fuori luogo. Mi riferisco ai comuni petardi e alle bombette fatte esplodere in modo disordinato nelle giornate che anticipano e seguono il primo giorno dell’anno, festività religiosa dedicata alla commemorazione di Maria Santissima, fatti esplodere con il solo scopo di fare rumore fine a sé stesso, venduti come giocattoli ma che spesso sono delle vere e proprie “piccole armi tascabili”.

Sono convinto che anche in questa occasione speciale si possa esprimere la propria gioia e contentezza senza la necessità di dover eccedere e dover scoppiare petardi e botti, ma facendolo in modo più consono alle nostre radici culturali di popolazione di montagna, tradizionalmente più sobria e composta.

Personalmente ritengo che i botti di Capodanno non siano una manifestazione di divertimento ma al contrario di fastidio, ma se questa affermazione è solo una personale e discutibile opinione è invece oggettivo che lo scoppio di petardi ha dei risvolti inequivocabilmente negativi.

Solo per elencarne alcuni, essi provocano una situazione di inquinamento acustico tale da causare traumi alla fauna selvatica e agli animali domestici che vivono nelle nostre case e che spesso per lo spavento si sperdono e non vengono più ritrovati.
I petardi sono ogni anno causa di infortuni più o meno gravi che possono e devono essere evitati, dei quali spesso purtroppo vittime sono ragazzi giovanissimi, costretti in molti casi a convivere con danni permanenti effetto di uno scoppio “mal riuscito”.

I botti difettosi ed inesplosi aumentano esponenzialmente questo rischio anche nei giorni a seguire andando a mettere in pericolo anche persone incolpevoli e che accidentalmente vi entrano in contatto.

In annate con scarsità di neve e siccità l’innesco di botti può essere causa di incendi che possono mettere a serio rischio non solo i boschi ma anche le nostre case e i nostri abitati.

I botti inquinano e sporcano. I nostri paesi infatti, sono soliti essere puliti ed accoglienti ma la mattina del primo gennaio sono purtroppo ridotti ad una pattumiera che qualcuno deve pulire con conseguente costo per la società, sporcizia spesso sparsa ovunque o finita sotto la neve che per tanto non può essere raccolta per lungo tempo, prolungando questo stato di incuria altrimenti evitabile.

Questo settore alimenta anche un mercato nero di botti illegali, ricercati perché spesso ancora più rumorosi, ma senza alcuna garanzia e perciò ancora più pericolosi.

Infine mi preme ricordare che scoppiare petardi, mortai, botti e simili, nulla ha a che fare con il nostro retaggio culturale di popolo ladino, più incline a comportamenti autentici, rispettosi e solidali che sanno esprimere comunque gioia e divertimento ma nel rispetto dell’ambiente di montagna e i suoi abitanti.

Per queste ragioni auspico che questa recente “cattiva abitudine culturale” vada presto in disuso e lasci spazio a festeggiamenti diversi che ugualmente possano esprimere gioia, desiderio di buoni auspici e voglia di socialità e condivisione. Confido che questa piccola rivoluzione passi per le nuove generazioni di Fassa, che guardino con un occhio più attento ai temi ambientali e che trasmettano questi principi ai nostri figli, affinché siano educati alla sincerità e che così possano comprendere, anche tramite questo apparentemente banale esempio, le sfaccettature che caratterizzano una sfumatura della cultura della nostra popolazione e possano così maturarle nel tempo e farle loro per gli anni a venire.

Con i miei migliori auguri per il termine di questo inquieto anno 2020 affinché il venturo anno 2021 possa essere migliore e portare serenità e gioia a tutta la gente di Fassa.

Amedeo Valentini

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(3) comments

Alfredo Weiss 31 Dicembre 2020

una riflessione , dopo questa terapia di distanciamento sociale , quanto mai opportuna;
Sono contento venga fatta da un giovane ,che pensa al futuro della nostra popolazione ,cultura e territorio. La popolazione dolomitica ha una storia esemplare nella sua identità , di attacamento al territorio , in particolare sotto i 2.000 metri, dove per vivere ha fattto tanti sacrifici lasciandoci un territorio che oggi ci permette di vivere senza emigrazioni definitive o come hanno fatto i nostri antenati un emigrazione stagionale per avere le risorse per vivere .
Detelpai e tegni dur sui tuoi e nostri obiettivi che vedano al primo posto la nostra cultura di montagna , che signifiva avere sussidiarietà e solidarietà una base forte dei nostri grandi valori.

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Roberto 1 Gennaio 2021

Come non condividere queste considerazioni. Si era presa una deriva che pareva non avesse più fine. E questo anche alla faccia delle ordinanze delle varie amministrazioni comunali. Finita questa petorcena saremo in grado distinguere nel ricordo della memoria?
I miores Augures a duc.

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Carla Braito e Lino Davarda 1 Gennaio 2021

L’intervento di Amedeo è ben posto ed in questa particolare circostanza di fine anno. Condivido pienamente questo sentimento di fastidio per i botti che non ci apaprtiene ma che è entrato gradualmente nel corso degli anni importato dal turismo di massa che frequenta le nostre valli. Devo anzi fare autocritica pensando che nel 1995 in qualità di assessore alle attività culturali e sportive del comune di Campitello, avevamo introdotto questi fuochi d’artificio in occasione della Madonna d’agosto il 15 del mese. Concordi con la giunta comunale l’abbiamo introdotta con molte riserve per sentirne il responso popolare. Quell’anno tutto il fondovalle intorno a Campitello era strapieno di gente entusiasta.
Da allora l’abbiamo ripetuta per tutto il mandato.
Devo constatare che i tempi sono cambiati e che con la semsibilità di oggi non assumerei queste responsabilità.
Per quanto mi riguarda, la morale è raccogliere le novità, promuovere nuove iniziative secondo la domanda dell’utenza turistica, ma anche riflettere sulla evoluzione dei tempi, delle mode, senza trascurare le nostre sensibilità e tradizioni. Grazie Lino Davarda

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